La settimana di… Mariolino Papalia

 

Iniziamo la settimana in compagnia di Mariolino Papalia, palermitano discendente da un’antica e nobile famiglia calabrese. Cavaliere dell’Ordine al Merito Civile di Savoia, Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, Presidente dell’Associazione Chiese Storiche. Nel 1990 è candidato Senatore, per il PMI, nel collegio Milano San Siro e nel 1993 al Consiglio comunale di Palermo nelle liste del M.S.I. Dopo essere stato per 20 anni, dirigente della Società Poste Italiane si dimette per dedicarsi ad  un’attività più appassionante: scrivere.

Ha pubblicato, nel 1995, un saggio su Umberto II (edizione limitata, oggi introvabile) che gli vale il primo premio del trofeo “Veruska“. Nel 1998, pubblica per la Firenze Libri, il saggio “Il vero gentleman” e, nel 2001, per la Montedit, la “Bibliografia dannunziana completa 1879/1999″, volume adottato in diverse Università italiane e straniere, che gli fa guadagnare il premio internazionale “Città di Salò“. Dello stesso anno è “L’Erede“, primo romanzo che gli vale una targa al premio nazionale “Verso il 2000” indetto dalla Regione Campania. Nel 2006 pubblica un saggio sulle “Iscrizioni funebri delle Chiese di Palermo” con il quale si aggiudica il premio per la Saggistica Edita nella V Edizione del Concorso Letterario Internazionale Archè “Anguillara Sabazia” e il Primo Premio al Concorso “Ignazio Buttitta”. Nel Giugno 2008 pubblica il saggio storico: “Bajoli, Pretori, Podestà e Sindaci della città di Palermo dal 1300 al 2007“. Nuova

È nel 2014 che inizia la collaborazione con Antipodes suggellata dal romanzo Il segreto del Vittoriale seguito poi, nel 2016, dal saggio La casa Notarbartolo. Storia e tavole genealogiche presentato a Palazzo delle Aquile di Palermo. Del 2017 è Le Compagnie Nobili della Felicissima Città di Palermo.

Si ritrova di più nella definizione “appassionato di storia” o “appassionato di costume”?

Diciamo che ambedue sono mie passioni. La prima nasce dalla voglia di conoscere il nostro passato, di cercare le diversità tra il sistema di vita antico ed il moderno (senza rimpiangere il moderno) che reputo “senza storia, senza vanto e senza onore”. Pur essendo un “modernista” ci sono tante cose che non mi piacciono: i cellulari, che hanno sconvolto la nostra vita privandoci di quel rapporto umano che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto; la politica, venduta al profitto a scapito dell’umanità; la maleducazione, che imperversa in ogni ceto sociale segnando il naufragio della famiglia e della scuola.

La seconda invece mi appassiona di più anche se mi fa “scrivere” meno; mi appassiona conoscere i lati oscuri delle umani genti, i loro peccati, le loro debolezze, le loro tendenze, i loro vizi, tutte cose che come dannunziano convinto mi avvincono e che poi trasporto nei miei romanzi facendomi “incazzare” quando si grida allo scandalo per dei libri – vedi le famose sfumature… – che mi rendono ilare. A volte, rileggendo i miei libri, ringrazio che non esistano più i roghi nelle pubbliche piazze o l’indice papale anche se, come già detto, essendo dannunziano lo gradirei se non altro quale pubblicità ai miei romanzi.

Che rapporto ha con la sua città, Palermo?

Premesso che pur essendo nato a Palermo provengo da una famiglia calabrese e il mio giudizio potrebbe essere da questo distorto ma posso senz’altro dire che il mio rapporto con Palermo è un rapporto di amore-odio: la amo per la sua storia, per il cibo, per il clima, per il cuore dei cittadini, ma soprattutto per le donne che reputo le più sensuali del mondo come la mia Mariella, mia attuale compagna; la odio perché non riesce a scrollarsi di dosso l’atavica convinzione del “domani è un nuovo giorno” la odio per la nostra arroganza, per la nostra sporcizia, per l’assistenzialismo, per le auto in doppia fila, per la maleducazione, ma soprattutto la odio perché non riesce a farci capire che se fossimo più puliti, più educati, più lavoratori e più corretti molti luoghi definiti per “VIP” potrebbero farci un baffo.

Sta’ attualmente lavorando a qualche nuova pubblicazione?

Ho in cantiere diverse cose che spero vedano presto la luce: un saggio sulla “Via Porta di Castro (tra storia e leggende)” che uscirà, mettendo a dura prova il mio editore, per Natale; due romanzi: “Passione” e “Inquieta e Irrequieta” che nella stesura doveva precedere “Il segreto del Vittoriale” ma fu accantonato per divergenze con la mia mano che non voleva saperne di scriverlo, un libro scritto a quattro mani con il principe Notarbartolo dal titolo “A cena con il principe di Sciara” con tante ricette di cucina e molti aneddoti sulla Palermo dal 1946 sino ai favolosi anni ’70, e infine un altro saggio sui “Palermitani” (vizi pubblici e segrete virtù).

Come è nata l’amicizia col Principe Notarbartolo?

Il principe Notarbartolo mi fu presentato, nel 1995, durante un galà e non mi parve vero per due motivi, il primo perché in quel periodo stavo scrivendo un saggio sulla famiglia Gravina principi di Palagonia e avendo letto di uno scandalo che aveva vissuto un suo antenato, Francesco Paolo, amante della principessa Nicoletta Filangeri e Pignatelli di Cutò, moglie di Francesco Paola Gravina principe di Palagonia, mi chiesi se Don Francesco non potesse illuminarmi su questo tassello che reputavo importante per la mia storia. L’altro motivo è perché un altro antenato di Don Francesco, Emanuele Notarbartolo dei principi di Sciara, Marchese di San Giovanni fu, sul finire dell’800, Sindaco di Palermo e prima illustre vittima della mafia.

Se mi è consentito vorrei ricordare questo figlio illustre  di Palermo. Nato a Palermo il 23 febbraio del 1834 divenne Sindaco di Palermo dal 28 settembre 1873 al 30 settembre del 1876. In tale qualità, nel 1875, diede inizio alla costruzione del Teatro Massimo, completò il mercato degli Aragonesi, rifece il tetto del Teatro Politeama, iniziò l’ammodernamento della rete viaria, collegando la stazione centrale con il porto.Fu con Emanuele Notarbartolo che si tornò a discutere la pianta organica del Comune; questi asseriva che 98 impiegati erano troppi e mal distribuiti, si poteva tranquillamente risparmiare riducendo di 13 unità e distribuendo in maniera più razionale gli altri. Il Consigliere Raffaele Palizzolo avversò la proposta del Sindaco imponendo alla Giunta di garantire tutti gli impiegati.Fu anche Direttore Generale del Banco di Sicilia dal 1876 al 1890, ed è qui che maturò, probabilmente, l’assassinio del Notarbartolo. La situazione del Banco di Sicilia all’arrivo del Notarbartolo era disastrosa: l’istituto si trovava quasi sull’orlo del fallimento e tutto per delle speculazioni azzardate e un’amministrazione a dir poco “allegra”, la quale aveva permesso l’utilizzo agli speculatori di un capitale di otto milioni e ottocento mila lire e una riserva, in oro, di tredici milioni.Per risanare l’istituto Notarbartolo optò per un regime di austerità, invitando, da un lato, i direttori delle sedi a far rientrare i clienti più scoperti e consentire crediti solo ai titoli protetti da solide garanzie e, dall’altro, denunciando i nomi degli speculatori all’allora Ministro dell’agricoltura Micieli. La strategia ebbe in ben quattro anni ottimi risultati. Allo stesso tempo apportò modifiche allo statuto dell’istituto in modo da eliminare le componenti politiche in favore di quelle essenzialmente commerciali. Questo inasprì ancora di più gli animi dei suoi nemici al punto da ordinarne l’omicidio. Il delitto fu eseguito da due uomini, armati rispettivamente di pugnale triangolare e coltello a lama larga a doppio taglio con il manico d’osso.Emanuele muore, assassinato dalla mafia, l’1 febbraio del 1893; è sepolto nel Cimitero di Santa Maria di Gesù a Palermo. Nelle mie intenzioni è riprendere questi due filoni storici, i Gravina ed Emanuele Notarbartolo essendo eventi figli della nostra terra.

Secondo Lei, esiste più una “Palermo felix” o è solo uno ricordo malinconico del passato?

Certo se guardiamo alla Palermo veramente Felicissima dal cinquecento all’ottocento con la sua nobiltà “illuminata” quella dei grandi palazzi, delle chiese, dei monumenti, che mai nessun politico di oggigiorno si sognerebbe di ideare e finanziare; i grandi interpreti della cultura del tempo: Villabianca, Mongitore, Di Giovanni, per fare i primi nomi che mi vengono in mente, direi che quelli sono tempi che non torneranno però, anche oggi, se la gestione della città fosse affidata più che a un politico ad un uomo di profonda cultura che so, un uomo mi viene in mente, Camilleri, e tanti ce ne sono, io credo che la città di Palermo diventerebbe veramente la Palermo Felicissima dell’antichità.

 

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