Buonasera cari lettori, ecco un brano tratto da “Insomnia di esse” di Simona Burgio
6 giugno 2013
Gente della notte con almeno una finestra di fronte
Ogni domenica mattina, puntuali i frequentatori della chiesa Evangelica, qui sotto casa, due tre portoni più in là, cominciano a cantare, 09:30 non si scappa. Mentre senti il rintocco delle campane di San Giovanni che richiamano i fedeli alla preghiera. E così tutte le chiese qui intorno, ne ho contate tre.
Alle 7: 00 quasi ogni sabato, la vicina entra in quella che io presuppongo sia la camera da letto di sua figlia o di suo figlio e a gran voce, le/gli chiede, se ha dormito bene. Lui/lei una volta alzato, accende lo stereo a palla. A sentirlo è chi di solito si trova per un motivo a dormire in salotto, ed è reduce da una serata sfavillante; una di quelle sere in cui si premette che non si farà tardi e poi si finisce a far le cinque.
Alle 13:20 si sente il rumore dell’ascensore che scende e poi risale, un tintinnare di chiavi quasi a voler aprire la nostra di porta, e poco dopo si ode un Ciao! fragoroso della stessa donna che augura il buon giorno come se non ce ne fosse uno domani.
Vive con il marito e questo presunto figlio, e a volte quando mi trovo da sola a casa, la cosa mi fa sentir bene.
Alle 19:00 il bimbo che sta due piani sotto al mio, comincia a piangere ed alterna momenti d’ira funesta a momenti strazianti mentre io, a volte, mi chiedo se è il caso di chiamare il telefono azzurro o uno psichiatra per i suoi genitori. Lo stesso che ogni mattina, in inverno, intorno alle 11:00 “ordina” l’acqua a sua madre, urlando.
Non so perché lo urli che voglia l’acqua, e perché non lo chieda.
Perché generalmente se chiedo a Giulia di passarmi l’acqua, il tipo del terzo piano del palazzo di fronte non lo sente. Ma lui è quello che i genitori definirebbero un bimbo vivace. E del perché la chieda alle 11:00, beh quello ho smesso di chiedermelo, altrimenti toccherebbe a me lo psichiatra.
Intorno alle 18:00 passa il postino. Suona tutti i citofoni, fa scorrere velocemente le dita su tutta la pulsantiera; lo so perché si sente un suono quasi impercettibile, e quando si risponde, dal momento che almeno quattro o tre alzano la cornetta nello stesso istante, nessuno sente un cazzo – nessuno può aprirgli – quindi lui ripete uno due volte il rito. E tutti ci fidiamo di questo presunto tizio che ci dice di esser il postino, a fiducia si direbbe da me. Ma poi all’ingresso, nell’atrio, in corridoio e in ascensore; l’amministratore piazza un cartello: Per favore a seguito dei recenti furti avvenuti in questo palazzo si prega di non aprire a sconosciuti.
– Chi è?
– Il postino!
– Parola d’ordine?
Ogni mercoledì pomeriggio, la dirimpettaia, alle 14:00 lava casa e la ragazza che la aiuta, fa la staffetta su e giù per il balcone, con in mano la scopa. Tutti i pomeriggi, tornata da lavoro, stende i panni e ritira quelli asciutti. Badate bene, ogni singolo giorno.
Sono cinque anni che non fa altro che lavare, e vorrei tanto chiederle che tipo di contratto ha stipulato con Acea.
Alle 00:00 passano a ritirare la spazzatura, alle 02:00 la sveglia che i condomini del piano di sotto, partiti per le vacanze (spero), hanno scordato, comincia a suonare.
Alle 3:00, nel silenzio più assoluto, con le nostre mura di carta pesta, come avrete già capito, la donna che dorme di fianco alla mia camera, la vicina dell’altra scala, comincia a parlare con un uomo. Spesso si trovano a chiacchierare del più e del meno. Dopo venti minuti di conversazione buona, si augurano la buona notte.
Col passare del tempo, la donna cominciò a chiamarlo, nella notte. Mentre lui già dormiva.
Le conversazioni non sembravano più nascere per caso, Lui sembrava volerla rassicurare e Lei ogni volta che udiva la sua buona notte, gli rispondeva come se volesse star lì a parlare altri venti minuti, e ancora altri venti, gli ultimi venti della notte.
Capii che si trattava di una madre e di suo figlio.
La donna dai capelli rossi che le faceva compagnia durante la giornata, e che si prendeva una pausa fumando una sigaretta fuori dal balconcino che si affaccia al cortile, dove ci è concesso stendere i panni, non faceva più pause. E una notte cessò di chiamarlo.
Sentii solo lui, qualche tempo dopo, un pomeriggio. E i muratori che cominciarono a martellare e trapanare un sabato mattina, in quella stessa stanza.
L’unico momento della settimana in cui in questa via, ancora nulla avveniva con regolarità.
E così tutti i sabati a seguito.
E mi manca quella voce di donna.
E quando porto i soldi all’amministratore vorrei chiedergli dove sono finiti i condomini del quinto B.
C’erano quando ho dato storia contemporanea e quando decisi di fare il collage di foto da appendere al muro