La settimana di… Sandro Orlandi

Ringraziamo il nostro autore, Sandro Orlandi, per averci tenuto compagnia questa settimana e pubblichiamo un ultimo racconto tratto da “Calma di vento”. L’argomento trattato è la vecchiaia 

Il racconto che segue sicuramente rappresenta una scena a cui molti di noi devono aver assistito, o magari vissuto, molto comune perciò, quasi banale a prima vista, anzi a prima lettura. Ma dentro questa storia si cela l’essenza stessa della tanto sospirata, temuta e spesso rifiutata vecchiaia. Ricordo che da giovane restavo affascinato dalle persone molto anziane, perché si muovevano a rilento pur facendo quasi tutte le stesse cose che facevo io e i loro movimenti davano un senso di fragilità commovente, come se qualcosa dovesse rompersi da un momento all’altro dentro di loro. E mi facevano impressione quelle mani nodose e scarne, le vene bluastre, quelle rughe del viso, quegli occhi spesso acquosi, ma percepivo la loro paura di morire, ammiravo il loro coraggio nell’affrontare la vita di tutti i giorni vivendola meglio che potevano, pur sentendo ogni mattina su di loro l’alito gelido della morte che inesorabilmente si avvicinava. Ogni giorno poteva essere l’ultimo: come vivere la giornata ben sapendo questo? Come conciliare i ricordi che dovevano affollare la loro mente con la quotidianità spietata e insensibile? E soprattutto, come far capire agli altri, a quelli che di anni da vivere ne avevano ancora molti, come si stava e cosa si provava vivendo così?

Per forza di cose alla fine molti anziani si rifugiano nella religione, che altro possono fare per scacciare la paura dell’ignoto?

 

GUARDA CHE TI ABBIAMO PORTATO!

 

Quando entrarono stava sonnecchiando sul divano.

Si era addormentato di colpo mentre guardava un po’ di tv. D’altra parte non aveva messo l’apparecchio e non li aveva sentiti arrivare.

“Nonno, nonno!”

Che dolci le sue nipotine! Erano fresche e profumavano di vita. Vita e fiaba.

Flavia gli saltò sulle ginocchia, facendogli cadere gli occhiali e Laura lo abbracciò con impeto, strappandogli un gemito di piacevole sorpresa.

“Non fate così!” Gridò Teresa “Il nonno si spaventa! Fate piano!”

“Ma no, lasciale fare!”79

“Nonno? Stai dormendo nonno?”

“Certo che no!” Rispose divertito.

“Nonno? Questi che sono?”

“Beh, ecco, questi sono…”

“Nonno, ci racconti una favola?”

“L’argento vivo avete addosso!” Le riprese ancora la madre “Volete calmarvi un po’? Altrimenti andiamo via all’istante. Capito?”

Si calmarono subito, ovviamente.

“Ehi, bambine!” Disse Franco, il genero, “ma non fate gli auguri al nonno?”

“E’ vero! Tanti auguri nonno!” E gli saltarono addosso nuovamente.

“Piano, Pianooo!” Gridò Teresa.

“Ma no, no. Lasciale fare” Ripeté lui nuovamente.

Era frastornato da tanto entusiasmo ma anche felice, enormemente felice. In un momento come quello gli veniva da piangere. Dentro la sua mente i ricordi lampeggiavano veloci come saette. Passavano senza che riuscisse a fermarne uno, non riusciva neanche a visualizzarli.

“Come stai papà?”

“Bene Teresa, bene. Ora sto bene!”

“Ma…ti è passato il dolore?”

“Il rumore? Che rumore?”

“Dolore papà, il dolore alla gamba!” Gridò Teresa. “Mettiti l’apparecchio dai!”

“E’ che… non so dov’è finito!”

La figlia, sbuffando di nascosto, si mise a cercare sotto i cuscini del divano.

“Guarda che ti abbiamo portato papà!” Esclamò Franco, suo genero.

“Un… binocolo?”

“Sì! beh, è un piccolo binocolo. Così puoi guardare il mare dalla finestra, no? Non ti piace?”

“Ma certo!” Rispose. E si chiese come diavolo pensassero che un simile oggetto potesse davvero interessargli. Oltre tutto non riusciva neanche a vedere bene con gli occhiali (che regolarmente perdeva qua e là).

“Grazie! Un regalo davvero gradito!” Mentì. “Così potrò guardare il mare!” ripetendo le parole del genero. Tutto contento Franco annuì.

“Ma non dovevate spendere così tanto.”

“Ma dai papà, che dici?”

“Bambine! Date il regalino al nonno!”

“Sì, sì, nonno! Guarda che ti abbiamo portato!”

Era una cornicetta tutta colorata. Era per foto di dimensioni ridotte, ma era veramente graziosa.

“Ma che bella!” Esclamò lui sgranando gli occhi acquosi “è bellissima!”

Le nipotine saltarono dalla contentezza e batterono le mani.

“Tanti auguri nonno, tanti auguriiii!”

“Auguri papà!” Gli disse sorridente Franco.

“Eccoti l’apparecchio!” Arrivò Teresa “E tanti auguri davvero!” Gli si avvicinò e gli dette un bacio sulla guancia.

Lampi di luce, sguardi e volti. Sensazioni passate, antiche consuetudini. Deja vu.

“Grazie, grazie. Grazie a tutti” Rispose lui.

“Mbé? Che è quella faccia adesso?”

“Che faccia? Ma no, è solo un fastidio agli occhi. Passa subito.

“Sarà la troppa Tv?” Chiese la figlia

“Eh sì, magari è la troppa tv” Rispose lui abbassando lo sguardo.

“Scusa sai papà se le bambine ti hanno regalato l’ennesima cornice, ma hanno voluto farti proprio quella.”

“Va benissimo! A me piacciono tanto le cornici, lo sai.”

“Già, ne ho contate trentatre l’ultima volta!”

“Ora però hai qualcos’altro da guardare” Aggiunse Franco.

“Cosa?” Rispose lui interdetto

“Ma il mare no? Col binocolo!”

“Ah già, sicuro! Il binocolo! Certo! Grazie, grazie.”

Si risvegliò che se ne erano già andati. Ancora una volta il sonno l’aveva vinto. Magari era stato dopo pranzo, chissà? Gli dispiaceva però non averli neppure salutati e ringraziati. Notò un biglietto sul tavolinetto accanto al divano.

“Tanti auguri di nuovo papà. Riguardati!” Con la firma di Teresa. “Buon compleanno papà!” Franco. “Tanti tanti auguri nonno! La prossima volta ci racconti una storia? Ti è piaciuta davvero la cornice?”

Un groppo in gola. Lacrime incipienti.

E di nuovo flash, visi, sorrisi. Memorie in bianco e nero, lontane, lontanissime. Spari, sangue, fughe.

Con mani tremanti afferrò la piccola cornice coi bordi fucsia e riuscì ad infilarvi dentro una foto di qualche mese prima. Le bambine erano sorridenti, protese verso di lui che le ammirava. Bellissime!

Allora posò la cornice tra le altre. Ci stava bene. La trentaquattresima, avrebbe considerato la figlia. Possibile che non riuscissero a capire che per lui quelle cornici, quelle foto, erano importantissime? Erano l’unico salvagente a cui aggrapparsi!

Sul bracciolo del divano era rimasto il binocolo. Lo scartò e, una volta seduto in poltrona davanti alla finestra, lo puntò verso il mare. All’inizio non vide nulla, ma poi capì che doveva regolarne il fuoco.

“Straordinario!” Esclamò piano nel silenzio della casa.

Il mare era di un azzurro intenso. Le barche a vela lo coloravano di bianco. I gabbiani volteggiavano sicuri e maestosi. I pescherecci ormeggiavano in banchina. E il faro, il faro sembrava quasi finto per quanto gli sembrò bello! Ricordò allora, o meglio, gli passò davanti, la visione di lui che si sporgeva dalla ringhiera del faro, in un giorno di sole caldo, in una giornata d’estate di… chissà quanti anni prima.

Realizzò che il mare c’era sempre stato e sempre ci sarebbe stato. Il mare era l’unica cosa più vecchia di lui. Un motoscafo tagliò le onde e lui ne seguì la scia. Un gabbiano gli si presentò in primo piano e lui ne seguì il volo. E poi ancora il mare, le barche a vela, le onde, gli scogli.

“Davvero bello!” Disse senza udirsi “Davvero bello!”

Non se ne accorse neppure quando chiuse gli occhi di nuovo.

Lo trovarono il giorno dopo che era ancora lì, in poltrona, davanti alla finestra.

Sorrideva ad occhi socchiusi e stringeva ancora il binocolo nella mano destra.

 

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